mercoledì 25 febbraio 2009

Vacuo (3° parte)


Seduto davanti allo schermo, mani sulla tastiera, pronto a prendere il mouse, guardavo il monitor nero, aspettando un suo segno. Era acceso, ma non c'era, mi aveva appena dato uno dei suoi soliti messaggi criptici di anomalo discernimento. Criptico era un eufemismo certamente, perché il messaggio era fin troppo chiaro, se detto da una persona, ma da una macchina era da considerarsi senza senso.

Era così, ora potevo aspettarmi di tutto, l'avevo smontato e rimontato, gli avevo piallato il disco, reinstallando ogni programma e non c'era stato verso. All'ultimo riavvio sullo schermo comparivano sempre le solite frasi disfattiste, per un computer. Possibile che non gli andasse di elaborare nulla. Non gli andava di collaborare.

Non so dove avrebbe portato questa situazione, fatto sta che mi sentivo come lui, eravamo come in simbiosi, era come essere sospesi, una realtà vista da un diverso punto di vista. Fu allora che le cose cambiarono, il monitor cominciò a sfarfallare, spinsi un po' il cavo posteriore, avvicinandomi con il viso e sentii il solito effetto dell'elettricità statica, cosa strana per un monitor LCD.

Rimasi lì, con la mia faccia a pochi millimetri dallo schermo, accorgendomi di vedere come un vortice nel nero di quell'abisso che sarebbe dovuto essere il mio elettrodomestico. Poi comparve. Cosa comparve, il mio desktop del mio amato sistema operativo.

Ora sembrava tutto a posto, anche se ero rimasto un po' perplesso. Riavviai il sistema, tanto per essere sicuro che non fosse uno scherzo e sullo schermo torno tutto normale, il computer aveva sospeso quello strano sciopero, forse voleva un po' d'affetto, e solo un po' d'attenzione. Come se già non fosse l'elemento più importante della mia casa. Il problema non si ripresentò più, almeno non in quella forma.


Come al solito ero davanti al mio computer, collegato in rete, tutto andava bene tra me e lui, non aveva più fatto quegli strani scherzi, però fu in quel preciso momento che entrò in me, attraverso il monitor, dicevano che poteva accadere, e che non ci si poteva rendere conto, se non dopo un'acuta analisi di sé stessi, solo allora capii, facendo molta attenzione a ciò che avevo visto e alle sensazioni corporee. Avevo notato come uno sbalzo di corrente, stavo scaricando una mail, quando sentii qualcosa che mi era entrato dentro. Era come un piccolo peso sul cuore, un leggero stato d'ansia. Non ci feci caso subito, a parte che ogni tanto navigando in rete avevo come un flashback, alcuni punti parevano come già stati, già assimilati come successi e risolti. Poi cominciarono vuoti di memoria, la mia non quella del computer, mi pareva una cosa grave, anche perché non mi accorgevo quando succedeva, solo dopo, quando era troppo tardi mi rendevo conto che qualcosa non andava come doveva.

Sapevo che era già successo altre volte, non so quante ormai, perdevo la sensazione del tempo, rimanevo come in trance, come sospeso, come se fossi un sonnambulo, andavo in uno stato catatonico cosciente, non stavo dormendo, mi muovevo, mi spostavo, facevo le cose di tutti i giorni senza rendermi conto di farle, e mi ritrovavo come in un loop, a fare sempre le stesse cose, sapevo che era così, anche se non sapevo effettivamente cosa mi succedeva quando ero in questa situazione, non sapevo quando cominciava, non sapevo quando finiva. Potevo essere in questo stato in modo indefinito, e solo alcune volte mi rendevo conto di cosa stavo facendo e mi svegliavo per alcuni attimi, la mia coscienza rilevava qualcosa, ma poi era come se mi rilassassi nel letto dimenticandomi tutto ciò che avevo provato per pochi secondi.

Sentivo come un formicolio dietro la testa, non capivo se recuperavo o perdevo per un attimo la concezione del tempo, mi pareva come se entrassi in un'altra dimensione, vedevo davanti un buco, un passaggio, una porta verso un non so che, poi tornava l'ambiente dov'ero, il mio computer con il monitor, con il lavoro che stavo facendo, più niente di eccezionale, solo il mio elaboratore con i suoi pixel, i suoi megahertz, i suoi giga. Restava solo il pensiero di quello che avevo percepito, il profondo nulla o la coscienza del mio essere.

Poi mi restava solo il senso di vuoto, che trovavo in ogni cosa fuori, nel mondo esterno, con le persone vere, al di fuori della realtà virtuale. Le persone che vedevo lasciavano come una scia di falso, come di qualcosa che effettivamente non c'era, qualcosa che non si vedeva, ma che lì c'era, che nella realtà c'era qualcosa di bacato, che suonava falso, che invece ritrovavo nella rete, quando mi accadeva di vedere il "buco", così l'avevo chiamato, anche se era un nome un po' banale, non riuscivo a dargli un nome migliore. L'unica cosa che mi sentivo dentro era un qualcosa che mi diceva “Sì va tutto bene, è sempre stato così, lì davanti a te c'è la tua strada”, come se fossi invaso da un virus che cercava di tranquillizzarmi in ogni modo, per non inibire quel lato di me che diceva cerca cosa c'è che non va, cerca cos'è che non va.

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