La battaglia stava
cominciando, la fanteria dei cartaginesi era davanti a loro in netta
inferiorità numerica, le legioni romane erano in formazione, e
stavano avanzando verso le formazioni africane, tutti pensavano ad
una facile vittoria, vista la maggiore potenza dell'esercito romano.
Le falangi di Annibale
sentivano già la forza delle legioni, stavano indietreggiando, si
ritiravano, bastava inseguirli e distruggerli tutti. Le Legioni
avanzavano, rincorrevano le falangi cartaginesi, spronati dalla
cavalleria alle loro spalle, ma qualcosa non quadrava, mancava la
cavalleria nemica, ma anche le falangi sembrano un numero minore di
quello che pensava.
Ora si erano arrestati su
una posizione arretrata, le legioni romane erano al centro della
piana, ora era tutto fermo, c'era una strana aria, si sentiva che
qualcosa era cambiato. La cavalleria di Annibale, sulle due ali
all'attacco e due grosse falangi nemiche alle nostre spalle. Eravamo
in un buco, eravamo in una sacca accerchiati la fanteria davanti
attaccava, la cavalleria aveva tagliato la strada alla nostra e la
stava annientandole falangi che erano comparse dal nulla stavano
completando l'accerchiamento. Non avevamo più nessuna via d'uscita
se non combattere.
Era una carneficina,
erano troppo serrati, occorreva allargarsi, non si riuscivano ad
usare le lance, i gladii erano inutili i cartaginesi li infilzavano
uno dopo l'altro, stavano arrivando verso di lui, due davanti, un
altro sulla destra due suoi compagni al suo fianco erano già caduti,
lui aveva colpito alla destra, ma poi una lancia gli stava arrivando
contro, non sarebbe riuscito ad evitarla, la vedeva arrivare, a
rallentatore, contro il suo corpo verso il torace o il collo.
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