venerdì 29 maggio 2009

Il risveglio - Gaia

Al centro della stanza c’era un lettino, era un piano sagomato attorno ad una persona, coperto da un sarcofago trasparente, sembrava morto. Ma tutti i presenti erano lì, davanti a questo corpo. Un tipo magro.

La stanza poi pareva abbastanza particolare per quanto era spoglia, poteva essere la stanza di un ospedale, per quel che si poteva capire dai macchinari, ma poteva benissimo una cella di un convento. Le pareti avevano un colore giallognolo, dava quasi l’idea del poco sano, e le persone davanti all’uomo parevano proprio dei frati. Quattro frati, di cui uno doveva essere una personalità, che presa dall'evento, voleva presenziare ad ogni attimo dell’operazione che stava eseguendo uno di questi seduto davanti ad una console piena di tasti, luci ed indicatori.

Tutti i preparativi erano stati completati, restava solo di dare inizio alle operazioni ufficiali, che dovevano far risorgere dal lungo sonno l’uomo che stava adagiato sul lettino. Premendo in pulsante di invio, cominciò l'operazione che in poco tempo doveva dare i suoi frutti.

Tutto si svolse regolarmente, ora si attendeva il suo risveglio. Si sollevò il coperchio.

...Ecco si sta svegliando. — affermò uno dei frati minori che attendevano attorno al capezzale del “risorto”.

Come vi sembra stia? — chiese, a tutti, il Gran Sacerdote.

Sembra si stia risvegliando molto bene, non pare abbia avuto danni celebrali o fisici dovuti alla sua condizione di ibernato. — risponde lo stesso frate, mentre controllava il polso.

Il respiro è normale. — conferma un altro, mentre controllando il monitor che aveva di fronte.

Anche il battito cardiaco, è regolare. — aggiunge un altro mentre guardava un altro monitor.

Perché era stato ibernato? — chiede, ai presenti, il Gran Sacerdote.

Oh Grande, perché aveva una malattia incurabile, che oggi possiamo curare... No, non usi quell'espressione, non era un male dell'anima, era qualcosa di meno pericoloso.

Il Grande Sacerdote giunse le mani e con voce potente, come se dovesse fare una predica, parlò ai suoi sottoposti — La Divina Provvidenza ha voluto portarci un nuovo discepolo per illuminargli la strada della Verità, speriamo che abbia occhi per vedere, ed orecchie per ascoltare.

In realtà il Gran Sacerdote sperava che il personaggio che aveva di fronte, che il caso fortuito gli aveva permesso di scoprirne la documentazione, avesse potuto portargli consiglio riguardo i suoi gravi problemi di ordine pubblico, che aveva nei confronti di un'opposizione in grossa crescita.

Aveva scoperto che era ibernato presso i loro locali e che era un importante statista di inizio millennio, del periodo precedente al crollo totale. Anzi era una delle persone che avevano previsto il crollo e che avevano trovato il sistema per evitare e aggirare la crisi, ma era stato gravemente osteggiato dai suoi rivali.

Ora il Gran Sacerdote aveva bisogno di una persona che riuscisse a risolvere questo grosso problema. Si sentiva franare il terreno da sotto i piedi. La sua politica faceva acqua ovunque, e il suo potere stava precipitando in una crisi molto pericolosa per la sua persona. Era convinto che Brams sarebbe riuscito a trovare una soluzione alla sua condizione. Ma alle sue condizioni.

Certo Gran Sacerdote.

Ha appena mosso le palpebre, sta per aprire gli occhi.

Tutti gli si fanno attorno. Infatti aveva aperto gli occhi, si era umettato le labbra, ed aveva cercato di parlare, però nessuna voce era uscita dalla sua bocca. I suoi occhi giravano attorno, guardando le forme sbiadite che si stagliavano sopra la sua testa, vedeva delle forme nere in un ambiente soffuso, nient'altro. Udiva dei suoni che poteva chiamare voci, ma non riconosceva nessuna parola. Era tutto così ridondante, e tutto rimbalzava nella sua testa. C’erano odori, nell’aria, che non si spiegava. Non capiva.

Tutte le sagome che vedeva muoversi attorno facevano riferimento ad una che stava davanti a lui, ai suoi piedi. Una figura più scura delle altre lo sovrastava, incuteva quasi paura. Ora gli pareva di vedere qualcosa di più nitido. Cosa gli era successo. Ora c’era una luce, cominciava a ricordare. Si ricordava come un'atmosfera di eterno buio, un lungo periodo in cui gli pareva di essere stato in una stanza senza luce, una notte perpetua. Gli pareva di esser stato molto tempo come morto. Sì, uno stato in cui pareva di essere morto, in stasi, sospeso. Ibernato era la parola. Quanto tempo? Non sapeva.

Quanto? — Disse quasi distintamente, ma forse la voce era troppo bassa, aveva visto che più di una delle figure che aveva attorno si era avvicinata. Ripete più volte quella singola parola. Non gliene venivano in mente altre. O forse aspettava una risposta per quella.

...Trecento anni... — credette di capire una parte di discorso che gli altri facevano tra loro, poteva essere rimasto trecento anni, davvero così a lungo. Perché si era fatto ibernare? Non se lo ricordava. Non lo ricordava ancora.

Tutto gli era indistinto. Era tutto così torbido, annebbiato. Si sentì come rassicurato, erano tutte sensazioni. O forse erano solo desideri onirici. Aveva una sensazione di trasporto, ma nulla attorno a lui si muoveva, ora vedeva nitidamente chi stava attorno a lui, visi che lo circondavano, immagini che ballavano, tremolanti. Ai suoi piedi, un anziano con la barba, sembrava arrabbiato, gli altri sembravano tutti giovani, o per lo meno avevano tutti il volto estremamente glabro.

Chi erano queste persone. Stava pensando di chiederglielo e sentì la sua voce parlare. — Chi siete?, Dove siamo? In che anno siamo?

Erano tutte domande logiche a ben vedere, ma le risposte non lo erano completamente, almeno per lui. — Siamo i figli di Dio. E siamo nella Sua Casa. L'anno è l'Ottantaduesimo dalla Verità.

In effetti le risposte erano parecchio fumose, ma forse lui non stava ancora troppo bene, ed erano strane solo a lui, per lo stato in cui si trovava. Non sarebbe stato male se gli avessero concesso un po' di riposo, era stato tanto affaticante lo pseudo riposo avuto.

C'era qualcosa che non gli tornava troppo bene, anche pensando di essere lucido, qualcosa puzzava, c'era qualcosa che era andato storto, se non a lui direttamente, almeno al mondo che era rimasto sveglio, mentre lui vegetava, dovevano essere cambiate troppe cose. Ma forse era anche logico che fossero cambiate. Si rendeva conto che aveva ripreso a pensare regolarmente, la sua mente, almeno una parte era a posto.

Un'unica cosa chiedeva, solo un po’ di riposo, poi, al momento opportuno, ci avrebbe pensato. Anche perché ora si ricordava, o meglio aveva la sensazione di ricordare qualcosa riguardo il motivo per cui si era fatto ibernare. E questa era una sensazione di estremo dolore ed irreversibilità, forse riguardo il suo corpo. Sì una malattia che ai suoi tempi era incurabile.

Ora si ricordava, c’erano stati parecchi casi di una malattia, che per quanto lui sapeva, nessun caso si era risolto positivamente, tutti morti, ma non era un male di rapida evoluzione, si propagava per tutto il corpo lentamente, in modo subdolo, quando ci si accorgeva d'averla contratta era ormai troppo tardi. Lui la scoprì per caso, prima che fosse grave, decise subito di farsi ibernare.

Aveva degli sprazzi di lucidità, cominciava a ragionare. Il suo cervello stava tornando attivo. Qual era il suo nome, già come si chiamava? "Maurizio..." — Maurizio Brams, sì, mi chiamo Maurizio Brams. — I volti attorno a lui lo stavano fissando. Quello barbuto gli stava parlando.

Sì, certo lo sappiamo, sei fratello Brams, sapevamo del tuo arrivo oggi, era tutto previsto nella strada del Signore Nostro. — parlava accondiscendente, uno di quelli che gli stava attorno.

Ma perché parlate sempre di Dio? — Domandò quasi irritato Maurizio.

Non nominare mai il nome di Nostro Signore invano.

Questa volta sembrava arrabbiato sul serio, aveva alzato la voce, sembrava un tuono, gli altri Suoi fratelli si erano fatti piccoli, piccoli. Sembravano proprio non più di bambini. — Non volevo offendere nessuno. Mi scusi Reverendo, ma non ne avevo proprio l’intenzione.

Tutti si guardarono, le sue parole sembravano strane, ma non era mai stato molto ferrato nelle questioni religiose, non sapeva che termini usare, anche ai suoi tempi, anche se con l'arte oratoria se la cavava, in questi casi preferiva farsi preparare i discorsi. Sperava di non aver creato ulteriori pasticci, sembrava che queste persone tenessero molto all'etichetta.

Ma non era un problema d'etichetta, era il mondo che era finito male. Con rammarico capì che ora lui poteva essere l'unico mentalmente “sano”, mentre gli altri, o i pochi che aveva visto, non erano certamente nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali. Se tutti gli uomini erano come questi rappresentanti, allora poteva affermare che l'umanità aveva compiuto parecchi passi in dietro. Avrebbe voluto qualche certezza in più, ma da ciò che vedeva il mondo era in preda ad un'enorme crisi mistica. Il mondo come se lo ricordava non esisteva più, la sua teoria si era effettivamente realizzata.

La sua teoria. Ecco, altri piccoli pezzi, la sua materia celebrale stava ricongiungendo piccoli pezzi del suo passato, stava ricreando le sue idee. Sì era la sua teoria, lui aveva una forte idea sulla geopolitica del ventunesimo secolo, aveva formulate le ipotesi di una catastrofe politica dalla quale l'umanità sarebbe rinata... e il momento attuale doveva essere un periodo successivo alla catastrofe, il periodo di passaggio alla nuova rinascita dell'uomo.

Un nuovo medioevo, si ricordava che nella sua teoria ipotizzava il ritorno dell'uomo ad una fase precedente alla grande fase tecnologica in cui si era trovata fin dalla fine del diciannovesimo secolo, e che raggiunto il culmine massimo sarebbe collassata su sé stessa, tornando indietro ad una specie di quarto secolo dopo Cristo. Certamente non avrebbe perso tutta la tecnologia, ma sicuramente non ci sarebbe stato più un incremento delle scoperte, delle invenzioni che caratterizzarono tutto il periodo dal sedicesimo secolo al ventunesimo, o forse poco più.

Infatti anche ora, era palese, lui era stato ibernato, e queste persone avevano la tecnologia per poterlo risvegliare, doveva essere così, non ci potevano essere alternative... la sua mente, veramente, aveva ricominciato a lavorare febbrilmente ai nuovi impulsi neuronali che ricevevano i suoi occhi.

Ora si sentiva più in forze. Decisamente più in forze, ma anche l'ambiente attorno a lui sembrava essersi rasserenato. Il sacerdote davanti a lui sembrava meno burbero, o meglio solo burbero, non più arrabbiato. Aveva visto che parlavano tra di loro, molto probabilmente avrebbero cercato di assecondarlo fintanto che non avesse appreso come comportarsi. Era il comportamento più logico che si sarebbe potuto aspettare da loro.

Poi fu come attratto dal Gran Sacerdote, catalizzò tutta la sua attenzione prima di iniziare a parlare. Si vedeva che aveva delle doti di grande oratore, e che era una persona di grande carisma, da come riempiva i silenzi delle pause.

Fratello Maurizio Brams, capiamo che per te sia un modo nuovo di vedere il mondo... — pausa pesante di riflessione —... comunque... — partì molto grave — Avrai modo e tempo di accomunare le tue esperienze a quelle dei tuoi nuovi fratelli e avviarti alla Grande Verità del Signore Nostro dei Cieli a tempo debito.

Tu ora conoscerai i giorni della penitenza, giorni in cui farai tesoro dei tuoi pensieri per catalizzare ogni traccia della verità che c'è in te e ti reca man mano nel tuo cammino... — altra pesante pausa —... verso l'Alta Corte del Signore Nostro.”

Tu sarai Beato tra i Beati, Grande tra i Grandi, se seguirai la Verità e ne avrai timore. Sarai l'ultimo degli Umili e primo nella schiera degli Eletti. Tutto questo quando deciderai. E quando deciderai?... — nuova pausa di riflessione — deciderai quando il tuo nuovo giorno sarà alto. Sarà il Cielo Nostro Signore che ti guiderà nella penitenza dei tuoi peccati. Il giorno giusto lo saprai te pure e ricomparirai al Nostro cospetto.”

Dopo questo discorso il Grande Sacerdote si spostò verso il fondo della stanza con un frusciare di stoffe, davvero come un uomo di chiesa d'altri tempi, e si smaterializzò, scomparve inspiegabilmente alla sua vista. Per caso avevano imparato a teletrasportarsi nel frattempo? Appena uscito, se si può dire così, dalla scena i fratelli lì presenti si fecero più rilassati, e al tempo stesso ci fu un cambio dei ruoli, ora era un altro dei presenti che ordinava ciò che si doveva compiere, ma nella sostanza erano certamente più sereni.

Mentre ripensava al grande discorso, del quale non ci aveva capito gran ché, chiese ai presenti — Cosa voleva dire di preciso il Sacerdote con le sue parole?

Intanto comincia a chiamarlo solamente Gran Sacerdote. — lo redarguì sempre il solito “chierichetto”, che parlava, e che dava ordini ora, doveva essere lui il capo, quando non c’era nessun altro più importante di lui si intende. Poi gli spiegò con tono saccente — Il Gran Sacerdote diceva che tu, fratello Brams dovrai partire molto presto per il luogo dove dovrai compiere la penitenza. In questo luogo dovrai pensare a dove si cela la verità, per questo ti saranno fatti due grandi doni, le letture ed il silenzio dell'eremo.

Sono due doni che non vengono concessi a tutti, devi sapere che sei considerato una persona molto importante dal Gran Sacerdote, ma non credere di poter godere di questo ruolo, lui è un uomo giusto ed austero, che non ammette che ci si prenda gioco di lui.”

Bene, il quadro era fatto. Il problema ora era la sua malattia, non sapeva come comportarsi a riguardo. — Fratello... — e poi rivolto anche a tutti gli altri con uno sguardo, forse un po’ offuscato, ma non indeciso — sapevate che svegliandomi avete risvegliato anche il mio male? Ragion per cui credo di avere i giorni contati. Credo forse poco più di tre, forse quattro mesi di vita, forse anche meno.

Certo fratello, siamo ben consapevoli del tuo stato di salute, ma se sei stato svegliato ora è appunto perché si possa compiere debitamente il miracolo della vita. Del resto perché si possa compiere questo miracolo, bisogna che tu sia un nostro fratello a tutti gli effetti. Ovvero bisogna che tu abbia fatto un'adeguata penitenza per i tuoi peccati. Solo dopo...

Ma questo è un ignobile ricatto... — alzò la voce, pentendosene subito, dato che gli mancarono le forze per continuare.

No fratello. È la legge. — concluse il capetto, coprendo la voce di Maurizio con una voce ancora più alta — La parola del Signore! La Verità!

Ecco l'inghippo. Se voleva vivere, doveva accettare di vivere secondo le loro regole, o meglio secondo la loro Regola. Dal poco che aveva visto non aveva proprio l'idea se ne valesse la pena. Per il momento li avrebbe assecondati, poi avrebbe pensato cosa fare. Doveva conoscere la situazione di questa nuova realtà che gli si prospettava.

Se proprio tutti erano così, cosa avrebbe fatto? Sarebbe valso qualcosa vivere? Poteva scappare. Sarebbe riuscito a scappare di nuovo sulla Luna? ed una volta lì? C'era la possibilità di partire per un altro pianeta? C'era ancora la Luna, c'era ancora qualcosa sulla Luna?


Erano passati alcuni giorni, era stato sempre da solo nella sua cella. I fratelli la chiamavano cella per il riposo dell’anima, ma quella era una fregatura bella e buona, era una vecchia e classica cella di detenzione. La porta era chiusa dall’esterno, elettricamente, non poteva uscire ovviamente.

L’interno era molto confortevole, un qualcosa che somigliava vagamente a un letto, meglio a una branda, con una coperta, un lavandino con il rubinetto a fotocellula, bastava avvicinare le mani e scivolava giù un filino d’acqua fredda, c’era anche un secchio, che serviva per i futili bisogni corporali, per questo puzzava immensamente, fortuna che venivano a cambiarlo due volte al giorno. Pensando a tutto il tempo che era passato, e a tutta la tecnologia che ancora usavano, sembrava assurdo che i servizi igenici più elementari erano ancora a livelli puramente pittoreschi. C’era poca anima in tutto ciò, decisamente. Le pareti erano di uno spoglio sconvolgente, erano del solito colore neutro che attorniava tutto lì, mancava pure lo specchio, non c'era sapone, nemmeno uno spazzolino per lavarsi i denti, nemmeno un rasoio per radersi la barba e purtroppo nemmeno qualcosa per pulirsi. Almeno per fortuna non c'erano topi e scarafaggi, c'era un'insolita pulizia di fondo.

Gli portavano colazione, pranzo e cena. Tutti pasti decisamente frugali, non si aspettava certo di più, era la loro regola in fin dei conti era in un convento. Comunque da ogni inserviente, o fratello, che passava a trovarlo, dato che ogni volta era uno diverso, cercava di estorcere qualche notizia o frammento del mondo esterno. Mai, non era riuscito a cavare un ragno dal buco, tutti muti come pesci. Questa civiltà non ne voleva sapere di aprirsi a lui.

Forse era il quarto giorno quando, invece del solito fratello si presentarono in cinque. Uno dei quali riconobbe essere il capetto che gli aveva parlato subito dopo il Grande Sacerdote.

Ehi fratello come sta. Finalmente una persona conosciuta...— tentò subito l'approccio diretto al quale voleva far seguire una trafila di domande che si era preparato in caso si fosse verificata l'occasione propizia. Ma rimase a metà dell'attacco nel vedere il volto inorridito del fratello.

Non ti è stato chiesto di parlare fratello Brams. Non si usa parlare se non si è interpellati.

Ma allora se nessuno interpellava nessuno parlava?

Era proprio un mondo strano. Proprio il peggior convento di frati di tutto il mondo. Ma tutto il mondo era così?

Ora alzati e seguimi, verrai trasferito nel luogo della penitenza. — Era un bel dire seguirlo, Maurizio si incamminò al suo seguito, ma due fratelli scorta gli si misero ai fianchi, gli altri due seguivano due passi indietro, in modo da impedirgli una qualsiasi fuga, ma non sarebbe fuggito, per andare dove.

La passeggiata durò circa cinque minuti, due corridoi, un ascensore, altri due corridoi, un paio di scalini, una porta, le pareti sempre scarne. Per ultimo un altro fratello gli indicò con un cenno del braccio, ed un leggero inchino di accomodarsi all'interno di un cilindro in plexiglas con un'apertura rivolta verso di lui. Venne leggermente spinto dalle sue guardie. E lui si avviò, entrò timoroso, si guardò attorno e girandosi vide sparire tutti i “suoi fratelli” lì fuori dal cilindro e comparirne un altro, ma probabilmente in un'altra sala, sembrava uguale, ma le dimensioni erano qualcosa più ridotte, con un altro tecnico, sicuramente diverso.

Sì, diverso le dimensioni erano ridotte, vero, ma in un certo qual modo era un ambiente più accogliente, se non altro le pareti che prima erano di una tinta neutra che non si capiva se era un bianco sporco o un grigio o caffè latte, ora c’erano dei possenti blocchi di pietra squadrati in modo grezzo, e assemblati a costituire quelle che certamente erano delle mura decisamente massicce.

C’erano due porte, una normale, socchiusa sulla destra, l’altra più grande, decisamente chiusa e in legno massiccio, con intagli che la facevano diventare imponente. Il tecnico era dietro la console protetto da una lastra di plexiglas, o forse qualcosa di più resistente. C’erano quattro punti luce, uno per ogni angolo della stanza, davano una buona illuminazione, concentrata soprattutto sul cilindro d’arrivo... o di partenza, a seconda dei punti di vista.

Oltre al tecnico nella stanza c’erano altre tre persone, due sembravano delle guardie, la terza lo accolse salutandolo — Buonasera fratello Brams, ben venuto fra noi. — questa persona aveva un volto bonario, con voce bonaria, anche qualcosa di simile ad un sorriso, era alto e di corporatura ben messa, non certo come i “fratelli” che aveva lasciato dall'altra parte. Ah era sera piuttosto. Il tempo esisteva ancora. — Sono fratello Clements, il tuo carceriere per il tuo periodo di penitenza.

Carceriere? — Maurizio rimase basito, per la prima volta da quando era stato risvegliato qualcuno aveva usato un termine diretto per descrivere la sua situazione, e come non si poteva far altro che supporre, la sua era una vera e propria prigionia.

Sì, non è un eufemismo, così è più reale, ma forse tu preferiresti guida spirituale... sei già entrato nell'etica dei fratelli della Capitale?

No, ma è stranamente il termine che mi aspettavo. Al quale pensavo. È la prima volta che vengo accontentato nelle mie supposizioni.

Ora era fratello Clements ad essere sorpreso, ma si riebbe subito. Da esperto aveva subito capito che tipo di persona si trovava davanti, non certo quel genere di persona che si sarebbe adattato ad una vita di corte, ma certamente uno che si sarebbe battuto per avere una vita migliore, magari non solo per sé stesso, ma anche per gli altri. Era sicuramente una persona che avrebbe voluto dare una svolta al mondo presente. — Non cercare di scappare. Fratello Brams ho capito che tipo sei. Non ti pentirai mai. Non entrerai mai nelle fila del Gran Sacerdote.

Come ha fatto a capirlo? — domandò ironicamente, era fin troppo chiaro che si trattava di una domanda retorica.

Qui non ti occorre fare il furbo. Non sarebbe conveniente. Scappare da questa fortezza vorrebbe dire superare mille chilometri di deserto tutto attorno. Questo è il deserto dei Gobi. Da qui non si scappa se non da morti e nel sudario per le ultime espletazioni su questa terra, prima della grande Verità. Forse te l'hanno già detto, ma è meglio ripeterlo. Anche se credo che per quelli come te non servirà un granché.

Seguì con interesse la spiegazione di Clements, tanto da stuzzicarlo a porgli delle domande — Potrei fare alcune domande? — chiese allora, speranzoso Maurizio, sentendo che probabilmente era un tipo loquace.

Sono qui per questo. Tutte le tue domande, i tuoi dubbi, perplessità, qualsiasi cosa tu voglia chiedere, ed io possa darti risposta.

Perché la Terra è finita così?

Che domanda strana fratello Brams. — fratello Clements lo guardò stralunando gli occhi. — Davvero una strana domanda. Per risponderti però concedimi prima di condurti fino al mio studio, dove potrò ascoltarti e risponderti dedicandoti tutto il mio tempo. — era una strana domanda per una persona appena arrivata alla fortezza.

Così dicendo si girò verso la direzione in cui voleva essere seguito, la porta massiccia. Infatti questa si stava aprendo, elettricamente come tutto da quelle parti. Venne introdotto nel corridoio che si estendeva oltre la porta, anche questo con pareti e pavimento in pietra, lungo e diritto. Sembrava proprio il corridoio di una fortezza inespugnabile del medioevo.

Fratello Clements gli si mise a camminare a fianco silenziosamente. Non li seguiva, nessuna scorta. I due guardiani erano rimasti nella sala. Probabilmente non erano per lui. Ma era sicuro che c’erano delle telecamere che monitoravano tutto, ci poteva scommettere.

Arrivati in fondo a questo c'era una porta in legno massiccio, fratello Clements estrasse una chiave magnetica da una tasca del suo saio, la avvicinò ad un sensore praticamente invisibile sulla porta stessa, che si aprì ad una leggera spinta. Oltre una scala.

Salivano una scala ripida, stretta, scolpita nella roccia, saliva molto velocemente con alti gradini, che si arrotolava attorno al pilastro centrale. Fino ad un pianerottolo, ingresso al piano dove prendeva un altro corridoio, presero quello, anche se la scala continuava per la sua strada. Ora si era aggiunta anche un'insidiosa corrente d'aria fredda. Questo corridoio rispetto al precedente era più largo e alto più di cinque metri, ogni tanto nella parte alta della parete c'erano dei finestroni senza vetri, dai quali si vedeva solo cielo scuro, essendo troppo in alto per dare altre visuali, forse più interessanti. Benché fosse notte.

Arrivati ad un'altra porta in fondo allo stesso corridoio entrarono. Maurizio aveva un certo fiatone. Non era abituato a tutte quelle corse. Ma a quanto pare fratello Clements invece sopportava bene.

Entrati, invitò Maurizio a sedersi su una poltrona. Era un locale ampio, con due ampie vetrate finemente lavorate, con dei disegni che rappresentavano una il martirio di San Sebastiano, l’altra la nascita del Budda. Le pareti erano tutte coperte da scaffali pieni di libri, la scrivania era in legno massiccio, in completo accordo con lo stile del convento fortezza, Clements si sedette sulla poltrona al di là di un tavolino. — Finalmente, credevo mi venisse un infarto.

Una persona giovane come te, per così poco. — disse scherzando.

Ma lo sa che è da poco che mi hanno risvegliato dall'ibernazione?

Ah, davvero, e quanti anni hai fratello Brams? — chiese ora serio fratello Clements.

Vediamo... — Maurizio ci pensò su un attimo — ... in che anno siamo piuttosto, non me l'hanno ancora mai detto.

Fratello Clements ci pensò un attimo prima di rispondere. — Non credo di poter rispondere a questa domanda, a meno che tu non intenda l'anno della Verità che è l'ottantaduesimo. Ma non credo... posso porti io invece una domanda. In che anno ti hanno ibernato, e quanti anni avevi?

Maurizio lo guardò di sbieco contrariato. Ma rispose. — Era il 2140, ed avevo quaranta tre anni.

Ti basta sapere che potresti avere circa trecento, trecento cinquant'anni? — disse ciò guardandolo fisso negli occhi, appoggiando i gomiti sulla scrivania, e congiungendo le mani e tenendo gli indici nel centro delle labbra.

Maurizio resse lo sguardo, fece una smorfia rispondendo. — Sì per il momento può andare.

Posso fare un'altra domanda? — attese un attimo, e dopo il cenno di consenso del suo interlocutore continuò — Perché non posso sapere in che anno siamo, almeno dal mio punto di vista?

Un motivo semplice, noi contiamo il tempo dall'avvento della Verità, dataci dal Grande Sacerdote, prima di lui c'era solo il caos, Lui ci ha dato l'ordine, non c'è altro tempo.

Però prima quando mi ha detto quanto tempo più o meno ho passato in ibernazione, ha comunque fatto riferimento ad un certo periodo di tempo anteriore all'anno della verità?

Certo, non potrei fare diversamente, ma mi diventa certo difficile darti una risposta secondo il tuo modo di contare gli anni, ci potrei anche riuscire, ma dal tuo tempo ad oggi molti hanno provato a dare una nuova datazione del tempo.

Ah... — rimase abbastanza interdetto.

Noto con piacere dal tuo atteggiamento che in qualche modo riuscirai a trovare un equilibrio.

Non so però se sarà contento di come mi adatterò.

Immagino vorrai sapere se tutto il mondo vige la legge della Verità. Ti dico subito di no. Ci sono dei focolai di resistenza. Minimi.

Grazie per la notizia. Ma perché me lo ha detto, ora non crede che sarò tentato maggiormente a mettermi in contatto con questi.

Lo so, sarai tentato, ma è difficile diventare degli uomini santi, senza sapere che ci può essere la tentazione. E se non si viene in contatto con la tentazione e non la si prova a vincere da soli, difficilmente si può arrivare alla Verità

Ma mi dica, dove si trovano questi focolai? — chiese ancora Maurizio per tentare il suo interlocutore.

Maurizio... Più vicino di quanto tu creda. — Clements lo guardò negli occhi sorridendogli, congiunse le mani appoggiando gli indici sulle labbra. Pensava.

Questo poteva fargli supporre che lo stesso Clements potesse in effetti fare parte di questa minoranza, non ci sarebbe stato da stupirsene, già appena visto gli aveva dato l’idea della persona particolare, non di quelli che potevano sottostare senza protestare alle leggi dittatoriali del Grande Sacerdote, sicuramente aveva la sua missione da compiere. Ma poteva anche essere una trappola dello stesso per metterlo alla prova, non sapeva ancora se poteva fidarsi di questa persona e certamente avrebbe dovuto fare attenzione a cosa diceva, a cosa sottintendeva. Sicuramente doveva ascoltare e seguire effettivamente cosa voleva dire, anche fra le righe questo signor Clements.

Dopo parlarono solo di come era cambiato tutto, nel mondo era successo proprio un cataclisma politico, come aveva supposto. La vecchia società capitalistica era crollata, la società del benessere si era modificata. Non era più credibile una società fondata sul consumismo. E questo già da molto tempo, da prima che la recessione economica minasse la solidità di ogni attività economica, sia del primario, che del secondario che dei servizi, e poi tutto era confluito nell'unica cosa che bene o male era resistita. La religione della nuova verità. Nata, come la Fenice, dalle ceneri delle maggiori religioni esistenti sulla Terra nemmeno un secolo prima. Religioni che avevano in comune un forte integralismo, che alla fine le ha fatte collassare su sé stesse, tanto che ciò che era rimasto era stato in poco epurato o modificato nella nuova grande religione, che aveva preso da tutte qualcosa.

Ma, c'era sempre un ma, esistevano gruppi di dissidenti, persone che per un motivo o per un altro non volevano accettare la Verità. Questi chi erano, chissà. Ma sembrava trapelare, dalle parole non dette che fossero spesso intellettuali, studiosi, e spesso anche scienziati. Ma non solo, anche appartenenti a religioni minoritarie, sette estremiste, o anche i resti delle antiche religioni che non accettavano la Legge.

Questi avevano un loro mondo parallelo, molto simile a quello che aveva lasciato anni prima. Probabilmente avevano l'alternativa alla verità, o qualcosa di simile. Chi aveva davvero ragione, o chi aveva una ragione di esistere, dopo tutto si erigevano come unico baluardo dell'opposizione alla “Verità”, gli unici che facevano qualcosa di diverso... forse.

C'erano anche altre cose che interessavano a Maurizio — Non è che magari sia possibile, leggere in questo posto. — chiese Brams al Priore, dopo la sua breve diserzione — Perché vorrei rifarmi almeno della cultura persa in tutti gli anni che sono rimasto ibernato, non dico tutto, ma almeno qualche particolare, rendermi conto di cos'è successo, un po' di tecnologia, politica, perché no anche teologia. Mi piacerebbe veramente, se fosse possibile.

Clements annui e gli sorrise — È bello sentire da qualcuno una frase così, “se si può leggere un libro”, fa veramente un buon effetto, non sono in molti, sai, quelli che lo fanno ancora, a parte leggere i testi sacri ovviamente. Non è che si possa chiamare analfabetismo, è che la nostra cultura è molto limitata a certi aspetti della vita, non dà spazio alle molte sfaccettature della cultura, tutto ciò che è al di fuori della vita religiosa è visto con sospetto, una moltitudine che guarda gli intellettuali come causa di tutti i loro mali. Dicono che parlare di argomenti non religiosi sia peccato.

Certo che puoi leggere, anzi mi lusinghi proprio con questa tua richiesta, non c’è proprio nessun problema, la biblioteca del nostro monastero è molto fornita su ogni genere d'argomento, da quelli più futili, per passare il tempo, agli argomenti più intellettuali. Unico impedimento è il custode della biblioteca, che è il tipo di persona molto religiosa, ma che ha anche un maniacale bisogno di conservare qualsiasi tipo di parola scritta, ha così salvato dalla distruzione parecchi libri. È a lui che si deve chiedere di registrare ogni libro preso in prestito. Ma diciamo che questo è un ostacolo facilmente superabile. Alcuni libri hanno un determinato codice, che all’inserimento nel computer della richiesta di prestito, domandano anche il contro codice del permesso a consultare il libro. Permesso che è di mia competenza.”

Ma se vuoi un consiglio prima di passare per la biblioteca, passa prima di qua, che così si può combinare in qualche modo la lettura. Anzi piuttosto che tu riceva una negazione, sarò di volta in volta io a consigliarti, di attendere il momento più giusto per leggere un determinato libro.”

Poi noterai che ogni stanza dove è consentito leggere è dotata di lettori per i libri.”

Immaginava che non avrebbe potuto leggere tutto, ma gli seccava, perché forse proprio i libri che gli avrebbero svelato la storia o quelli che riguardavano l'opposizione, quelli sicuramente, dovevano ricevere il permesso.

Visto il tuo interesse per la lettura ti consiglierò già da subito letture che non sono sottoposte a controlli per il resto, sono convinto che se qualcuno ha scritto qualcosa ci debba essere qualcuno che la legga per dire se è un argomento valido oppure no. Prima però deve essere letta.

Questo un punto molto importante in favore di Clements, era un uomo davvero intelligente. E non si poteva negare che fosse anche di vedute molto ampie rispetto alla media che aveva potuto notare nell’ambiente attorno al Grande Sacerdote... ma forse era più la paura di sbagliare, di dire qualcosa di sbagliato nel momento sbagliato, o alla persona sbagliata, lì anche i muri potevano avere le orecchie, c’era un’ignoranza di fondo che rovinava l’ambiente.

Clements invece poteva disporre in modo diverso del suo tempo, forse era sprecato per un posto così “fuori mano”, ma poteva anche darsi che a lui questa situazione fosse congeniale. In quanto poteva così disporre di ogni libertà, che gli sarebbe stata negata da una maggiore vicinanza al Grande Sacerdote. Certamente doveva prestare molta attenzione, perché c’erano le solite male lingue e le spie del grande capo che potevano riferire. Ma di certo c’era molta più libertà di pensiero, anche per convogliare in modo benevolo l’indottrinamento dei novizi. Poteva essere benissimo paragonato a un gesuita dei suoi tempi, anche la tunica scura, sempre in ordine, il capello corto, ma senza chierica, anche se parecchio stempiato contribuivano molto all’idea. — Certo è un vero peccato che tu debba rimanere con noi per così poco tempo... se ci fosse un modo per non perderti... è un vero peccato che tu debba tornare alla Corte. Qui saresti un tesoro di cultura, nonché d’esempio per molti fratelli... un vero peccato.

Il Priore disse queste parole quasi a sé stesso, ma Brams capì che aveva pochi giorni a disposizione per tentare la fuga, e che questo non si sarebbe troppo dispiaciuto se fosse scappato.

Volevo fare una domanda, su una cosa che mi incuriosisce parecchio, alla quale spero aver risposta. Il sistema di trasferimento che attuate...

Clements comprese subito dove volesse arrivare con la sua domanda. — È un trasferimento di materia, che permette di trasferire piccole masse, fino a due, o tre persone, da un punto ad un altro, ma è ancora un sistema sperimentale. O tale è rimasto da quando è stato inventato, in quanto è possibile trasferire anche quattro persone o cinque, ma si andrebbe oltre la capacità del mezzo, e si rischierebbe di perdere qualcuno per strada.

Ma questo sistema è utilizzabile a livello locale, o su tutta la Terra?

Su tutta la terra e attorno ad essa. Anche fin sulla Luna. Sì, ma con le dovute eccezioni, bisogna conoscere le coordinate del luogo dove ci si trasferisce, ovvero deve esserci un nodo di riferimento. Questa è una rete che copre tutto il mondo, e come hai visto sono tutte controllate a vista, da due persone, ti dirò anche che ci sono altre due persone che monitorizzano, in una sede staccata, che possono azionare eventuali allarmi, e allertare o disattivare altri nodi.

Credo che questo risponda a un’altra domanda, praticamente mi sta dicendo che anche i diseredati usufruiscono della rete, per cui siete costretti a sorvegliare i nodi di trasferimento da eventuali sabotatori o assalitori.

Può anche essere. Certo che si possono verificare dei malori all’arrivo in un nodo, e la sorveglianza serve a prestare i primi soccorsi, mentre il controllo secondario ha il tempo di eseguire in modo efficiente l’arrivo e la partenza dal nodo. Posso anche sconsigliarti dal tentare la fuga attraverso il trasportatore? Perché anche se vieni a conoscenza di un nodo non controllato, non vuol per forza dire che sia un nodo controllato dai ribelli. Un nodo non controllato potrebbe essere un nodo spento, per cui se è spento non può ricevere la materializzazione di una persona, ne deriva che il corpo che cercherebbe di materializzarsi in quel nodo sparirebbe irrimediabilmente.

Maurizio si era fatto la sua idea, era convinto che ci fossero dei problemi sui nodi, che la sorveglianza servisse a garantire la sicurezza dei viaggi di trasferimento. Se come aveva capito la rete di trasferimento copriva l’intera estensione mondiale, certamente alcuni nodi erano occupati dai ribelli. Sapere quali però non era così facile. L'opposizione avrà di certo provato a sabotare la tirannia del Grande Sacerdote. Tutte supposizioni certo, ma quanto poco ci voleva perché fosse probabile. Ma quanti erano i nodi, quanto tempo doveva trascorrere tra un trasferimento e l’altro, erano tutti sorvegliati, venivano controllati tutti allo stesso modo, anche quelli meno importanti. Poteva essere che quelli più piccoli godessero solo di un controllo monitorato da altri più importanti, sarebbe stato bello poter fare uno studio a riguardo. Bastava chiedere le cose giuste, nel modo giusto? Certo era una bella invenzione, potersi muovere così per tutto il mondo comportava un notevole risparmio di tempo.

Il colloquio con il Priore era probabilmente finito, in quanto qualcuno bussò alla porta dell’ufficio questo disse di accomodarsi, mentre invitava, con un gesto, Brams ad alzarsi. — Ora questi due fratelli ti accompagneranno alla tua stanza, dove potrai riorganizzare le tue idee in prospettiva di un nostro futuro colloquio, spero di rivederti presto, arrivederci.

Brams si alzò guardando i due fratelli, salutò il Priore che gli sorrise accondiscendente, e uscì dalla stanza scortato dai due che lo aspettavano forse con un po’ di impazienza. Fuori dalla stanza andarono nella direzione opposta da dove era arrivato precedentemente, oltre un’altra porta dove il corridoio si rimpiccioliva, diventando quasi angusto, era sempre tutto costruito di pietre, e sulla parete destra di aprivano delle porticine, poi salirono per una scala dritta e ripida con gli scalini smussati, molto consumati al centro, tanto che quasi mancava la pedata, rendendo pericolosa la salita. L’illuminazione, molto fioca, era data da semplici, piccole lampadine ad incandescenza.

Arrivati al piano superiore, svoltando a sinistra c’era un’altra porta davanti la quale c’era un altro “fratello”, al quale fu consegnato, questo aprì la porta e lo condusse lungo un corridoio che aveva ancora altre porticine lungo entrambi i suoi lati, una di queste era aperta, e vi si introdusse.

Fratello Brams, questa è la tua cella, impara da subito a tenerla in ordine, l’ordine è la nostra regola più importante, ricordatelo, ogni cosa ha il suo posto... come vedi, hai sulla branda, la tua coperta il tuo cuscino, sul lavandino lo spazzolino e del sapone, due asciugamani, un armadietto per deporre con cura il tuo abito, e se ti occorrerà qualche tuo effetto personale.

La porta della tua stanza non sarà mai chiusa, ma mai dovrà entrare qualcun altro. Questa zona del convento è l’unica dove vige la regola del silenzio, a parte queste parole che ora ti dico, qui non si può parlare, non provare neppure a rispondere. Al suono della campana, fra poco, dovrai scendere le due rampe di scale che troverai da dove sei entrato, e ti dovrai presentare assieme agli altri fratelli”.

Detto questo lo lasciò solo, aveva capito una cosa. lì erano tutti matti. Ma in quel posto, era sicuro, nessuno lo avrebbe mai disturbato, forse credevano di trovarsi in una specie di Paradiso Terrestre, comunque non gli costava nulla mantenere la Regola, “il silenzio”, e non aveva nessuna intenzione di far entrare qualcuno nella sua cella... soprattutto di notte. Non era suo uso.

Cominciò a guardare il suo giaciglio, sembrava ottimo, non si azzardava a spostare nulla, aveva una finestrella dalla quale non si vedeva che un pezzo di cielo scuro, ma non credeva dovesse poi essere così tardi come aveva supposto precedentemente, perché se aveva detto che avrebbero suonato la campana a momenti forse c’era la possibilità che fosse ora di cena, o comunque di una messa o di qualcosa di simile. Avrebbe visto finalmente i suoi nuovi compagni, anzi i suoi “fratelli” come avevano l’abitudine di chiamarsi.

Quasi la storia cominciava a divertirlo, l’unica cosa che lo preoccupava era che aveva il bisogno urgente di un’operazione chirurgica, ma per ottenerla avrebbe dovuto prima “convertirsi”, illuminarsi alla Verità del Grande Sacerdote. Aveva paura di non aver scelta, o la conversione o la morte. Gli pareva strana quella parola dopo aver passato così tanti anni a evitarla, eppure era sempre lì in agguato, magari più vicina di quanto potesse dire.

Ne aveva paura, sì, ma soprattutto perché aveva troppa voglia di vivere, voleva conoscere questo nuovo mondo, questa nuova Terra che non era più la sua. La cosa che più lo preoccupava era proprio il tempo, non sapeva esattamente quanto tempo gli rimaneva da vivere, per ora era lucido, ma non sarebbe passato molto tempo che non sarebbe più riuscito a muoversi, poi avrebbe cominciato a non capire cosa gli succedeva attorno, oltre a non riuscire più a fare discorsi logici, sempre se gli sarebbe riuscito a parlare.

Abbandonò questi pensieri per dedicarsi a come erano piegate le sue coperte. Guardò, aprendo piano di quanto si doveva piegare, non era difficile, più o meno era come quando aveva fatto il militare, la coperta, si piegava in tre sulla lunghezza, e poi la striscia ottenuta ancora in tre, poi si appoggiava sopra il cuscino, e il tutto veniva disposto al centro esatto della branda. Niente di più facile.

Dentro l’armadio c’era un appendi abito, una scopa e un cestino, faceva tanto XX secolo, quando non c’era ancora nulla di elettronico, ma si voleva ad ogni costo ottenere una pulizia perfetta, logico senza mai riuscirci, ma ci andavano vicini. Mentre poi già al suo tempo le pulizie di casa erano una cosa semplice, con un aspirapolvere speciale si disinfettava in poco ogni angolo della casa, senza eliminare i microrganismi utili al mantenimento della pulizia.

Ma ora suonava la campana era il momento di uscire dalla stanza, la porta per fortuna si apriva verso l’interno, perché il corridoio era un brulicare di formichine col saio marrone, tutti diretti verso la porta e le scale, non era un problema sapere dove andare, bastava seguire.

Scese le due rampe di scale si finiva in una grande sala, con delle colonne che reggevano l’alto soffitto, ma le formichine non si fermavano qui, andavano verso un’altra porta, dove c’era l’ultimo fratello con il quale aveva parlato ad aspettarlo, infatti come lo vide gli fece cenno di avvicinarsi. Tutti ora erano entrati, tranne lui e il fratello, la stanza successiva come si era immaginato era il refettorio, il fratello lo accompagnò al suo posto, tutti lo stavano guardando, se lo aspettava, ora tutti si chiedevano sicuramente “chi è questo”, “troverà presto la Verità”, “chissà cos’ha fatto per arrivare qui”, oppure certi già pensavano come fargli capire chi comandava effettivamente, “aspettati un bell’incontro questa notte”, o pensieri più pericolosi, se lo aspettava, lui non aveva visto ancora donne, per cui sperava vivamente che non se la prendessero con lui.

Incontrò lo sguardo del Priore, che lo salutò cordialmente con un sorriso, come al solito, poi si sedette, mentre gli posavano davanti una scodella di qualche cosa. Qualcuno parlava, ma nessuno toccava la scodella, quando l’ultimo della sua tavolata fu servito, il Priore si alzò, e tutti lo seguirono.

Fratelli... preghiamo. Per nostro fratello Maurizio che ci ha raggiunti qui oggi per allietare, anche se per poco, con la sua presenza la nostra tavola... Ringraziamo il nostro Creatore per averci dato oggi la possibilità di avere un nuovo fratello. Ringraziamo il nostro Amatissimo, per aver concesso al nostro fratello Maurizio la possibilità di ritrovare la Verità... seduti.

Dopo di che si iniziò la cena... che bisogna dire non era una gran cosa., ma ormai Brams ci era abituato. Attorno a lui vari fratelli bisbigliavano, ma nessuno si rivolgeva a lui. Accanto a lui c’era l’ “affitta camere”, davanti uno che sembrava un deficiente, sicuramente gobbo, non capiva di che zona del mondo provenisse, ma notava che quasi quasi tutti erano caucasici, pochi i neri o gli orientali, o sudamericani. Cominciava a credere di non essere effettivamente nel deserto dei Gobi, come gli aveva detto il Priore, ma forse da qualche parte degli antichi Stati Uniti.

La cena in poco fu finita, ci fu un ulteriore ringraziamento da parte del Priore, poi i fratelli del refettorio cominciarono a sfollare, il fratello “affitta camere” gli restò invece vicino, cominciò a spiegargli cosa si faceva nel monastero. Il dopo cena era di relax, o meglio di contemplazione, come lui la chiamava, si doveva cercare la Verità negli atti compiuti durante il giorno, si poteva passeggiare nel chiostro, o andare nella propria cella, oppure ancora, dedicarsi alla lettura nella biblioteca, fino al suono delle campane, allora bisognava riunirsi per il discorso del Grande Sacerdote, che appariva su di un grande schermo situato alle spalle del Priore, nel refettorio.

Durante il giorno c’erano i lavori, c’era chi si dedicava alla manutenzione della fabbrica, chi invece era addetto agli orti, o alle stalle, al caseificio, c’era anche un macello, allevavano bovini, ovini, conigli, gallinacei, altre cose arrivavano da fuori, con elicotteri. Ma erano anche consigliati gli studi, e la cultura in genere... in fin dei conti non era neanche male come posto, mancava un’unica cosa la libertà, se non altro di pensiero, perché ogni cosa era data in funzione della ricerca nella Verità.

Ancora, c’erano i periodi di preghiera e riflessione, ai quali nessuno si poteva esimere, e questo accadeva ogni volta che suonava la campana, qualunque cosa si stesse facendo si doveva abbandonare e andare nella grande navata del refettorio. Ciò succedeva cinque volte al giorno, la prima, poco prima dell’alba, quando tutti dovevano già essere svegli e pronti, poi ancora a metà mattina, poi dopo pranzo, dopo la cena, che era quella che stavano aspettando, un’altra per la penitenza nel mezzo della notte.

La campana suonava altre volte durante il giorno, per i tre pasti, e per il periodo riflessione del pomeriggio. Poteva suonare per eventi eccezionali come nel caso di visite importanti o per fatti per il quale occorreva attirare l’attenzione di tutti i Fratelli.

Ora Brams aveva capito di essere capitato in un vero inferno, era piombato nel pieno Medioevo, pareva proprio un convento dominicano del tardo medioevo centro europeo. Cosa poteva fare per scappare. Lui lì non poteva durare, i suoi pensieri correvano spesso alla sua malattia, che per quanto non destabilizzante, stava sempre in agguato.

Parlando con i fratelli, che stavano con lui nel chiostro, aveva capito che poteva muoversi per tutta l’abazia, volendo sarebbe anche potuto uscire dal suo perimetro, ma doveva rientrare per la cena, ma gli era stato sconsigliato, in quanto di giorno uscire era un suicidio, fuori al sole l’ambiente era invivibile. Non poteva uscire dal perimetro del convento dopo la funzione, i portoni erano chiusi a chiave e sorvegliati.

In un momento di riflessione, mentre cercava di riordinare i concetti appena appresi, l’Affitta camere venne a cercarlo per portarlo dal Priore, lo scortò attraverso una nuova serie di corridoi e scale, si rese subito conto che il convento doveva essere veramente immenso, un immenso labirinto. Quando entrò nell’ufficio del Priore, questo stava scrivendo qualcosa, si arrestò, e guardandolo gli sorrise benevolmente. — Allora questa prima giornata com’è andata?

Maurizio lo guardò fisso negli occhi, non sapeva come rispondere, non è che gli dispiacesse la sua prima giornata nel convento, anche se per lui quella era una prigione, anche se a capo c’era un riformatore di larghe vedute, che gli rendeva la cosa facile, sì gli indorava la pillola, ma proprio non gli andava giù il discorso di dover subire un ricatto “o ti converti alla verità o non ti operiamo”, proprio non lo sopportava.

Non rispose subito, e il Priore capì dalla sua espressione i pensieri che gli passavano dalla mente. Così cambiò argomento, parlarono del più e del meno, spingendo Maurizio ad una maggiore confidenza. Anche se erano discorsi futili, servivano a far dimenticare la condizione di prigioniero.

Dopo un po’ che parlavano suonò la campana che invitava i conventuali alla preghiera. Il priore si alzò, interrompendo il colloquio, invitandolo alla funzione, o meglio per quella che secondo lui doveva essere una messa. Arrivarono che quasi tutti gli altri fratelli erano presenti, il Priore gli indicò una sedia libera, mentre lui proseguiva verso la pedana, dove si sedette sulla poltrona centrale.

Dopo un suo breve discorso, nella sala silenziosa, si accese lo schermo alle sue spalle, e comparve il Gran Sacerdote in tutta la sua grandezza, era una grandezza che opprimeva, iniziò con un saluto continuando poi con una noiosa e interminabile predica che prendeva in oggetto la repressione del male e la ricerca della verità, raccontò pure una parabola, o forse meglio un aneddoto con morale finale su dove si deve ricercare la verità, invitando il mondo, perché, inutile dirlo, era in mondo visione, a riflettere sulle sue parole e a pentirsi della ricerca infruttuosa e dei cattivi pensieri.

Dopo di che tutti si alzarono e ci fu una preghiera. Come si immaginava non era una preghiera ad un Dio, era praticamente un inno alla sua persona, una prostrazione al Gran Sacerdote. Lui si considerava Dio in Terra. Ricordava il modo d’essere degli antichi Faraoni egiziani.

Così, passava le sue giornate in biblioteca, o a passeggiare nel chiostro, a meno di dover lavorare, le sue mansioni erano di accudire l’orto assieme un fratello, o, a turno, servire a tavola o pulire in cucina o altrove. Poi c’era l’appuntamento ormai quotidiano con il Priore, diventato il consigliere della sua anima. Era particolare, notare, quanto fosse interessato a non fargli mancare nulla di spirituale, quasi come volesse effettivamente salvarlo, ma non direttamente dal suo morbo, ma dalle grinfie del Gran Sacerdote sembrava quasi che gli stesse preparando un posto all’interno del convento, un rifugio nel quale nasconderlo, proteggerlo dalla morsa del suo rivale. Aveva capito infatti, più per allusioni che non direttamente, che non scorreva buon sangue tra il Gran Sacerdote e il Priore, anche se però l'idea che si era fatto era che il primo non potesse esistere senza il secondo, quasi fossero fratelli o elementi della stessa materia. Infatti credeva che il Priore fosse lì più per punizione che non per vocazione, anche se a lungo andare il Priore aveva preferito un posto simile piuttosto che stare alla corte del Gran Sacerdote.

Ogni tanto vedeva il fratello gobbo, parlava da solo, nessuno si avvicinava a lui, se non per schernirlo o per ordinargli lavori pesanti o che nessun altro voleva fare. Era il classico scemo del villaggio, aveva provato anche a parlargli, ma questo era rimasto a guardarlo con un sorriso ebete stampato sul viso. Gli dispiaceva che tutti lo prendessero in giro, ma forse lui nemmeno capiva quando lo canzonavano.

Altro personaggio interessante era il bibliotecario, aveva un nome di origine olandese, ma nei Paesi Bassi non ci era mai stato, Cornelius Van Dernos, era molucchese, ma tipicamente bigotto. Aveva qualcosa di particolare, parlava in modo strascicato, ma non era quello che lo disturbava, era viscido e petulante, sembrava avere un interesse particolare per Brams.

Già dal primo giorno, nei periodi di relax si era recato in biblioteca, i libri, logicamente, non erano direttamente consultabili, bisognava consultare degli schedari, e qui il fratello bibliotecario gli stava molto dappresso, tanto che le sue intenzioni lo innervosivano abbastanza.

In compenso la sala letture si offriva come un ottimo rifugio di calma e serenità, dove era assolutamente vietato parlare o disturbare chi stava leggendo. Era un’ampia sala rettangolare, con lunghi tavoli disposti sulla larghezza, larghi una novantina di centimetri, e ogni sedia era ben separata da quella a fianco, e sfalsata da quella di fronte della stessa lunghezza. Ogni posto era fornito di una lampada, un blocco per appunti e una matita a mine. Era un chiaro invito al silenzio e a non rovinare i libri avuti in consultazione. Anche se ovviamente i libri di supporto cartaceo era molto raro vederne.

Aveva trovato qualcosa di suo gradimento, senza il bisogno di particolari permessi, un trattato di storia di poco successivo alla sua epoca. Interessante, così poteva conoscere almeno qualcosa, non ebbe nessun problema a consultare il libro. Un testo di storia asiatica riguardante gli interessi del nuovo Impero cinese nel secolo XXIII, di una guerra chino-giapponese, dell’intervento della repubblica vietnamita, la pace di San Francisco con la mediazione dell’India. Si parlava ancora di Organizzazione delle Nazioni Unite e di caschi blu. Parlava anche della politica spaziale cinese e giapponese, stazioni orbitali, faceva cenno all’invenzione del trasferimento molecolare. Tutte cose molto interessanti che sperava gli potessero essere utili in futuro.

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