martedì 27 marzo 2012

La Cina al bivio


Le Idi di marzo della Cina


di Francesco Sisci
RUBRICA SINICA Come la morte di Giulio Cesare, la caduta di Bo Xilai, avvenuta nello stesso giorno 20 secoli dopo, può imprimere una svolta al futuro politico di un paese. In che direzione andranno le riforme di Pechino? Occhi puntati su Hong Kong.



(Carta di Laura Canali tratta da Limes 4/05 "Cindia, la sfida del secolo"
È lo scandalo più grande che ha colpito la Cina in quasi un decennio, ma anche molto di più. La caduta di Bo Xilai - capo del Partito comunista di Chongqing (una megalopoli di oltre 30 milioni di abitanti) e membro del Politburo rimosso dalla carica il 15 marzo - potrebbe essere il punto di svolta nel difficile cammino della Cina verso le riforme politiche.

La sua rimozione si è verificata nell'anniversario delle più importanti "riforme politiche" dell'antica civiltà occidentale. Alle Idi di marzo, cioè il 15 marzo del 44 avanti Cristo, Giulio Cesare venne assassinato a Roma, aprendo la strada alla fine della Repubblica e all'inizio dell'impero.

È la fine del dominio di Bo a Chongqing e della sua idea che la Cina potrebbe ancora trovare qualche ispirazione nei vecchi tempi delle Guardie Rosse e della Rivoluzione Culturale. È la prova concreta che la Cina sta davvero girando la pagina: il licenziamento di Bo è arrivato solo un giorno dopo che il premier Wen Jiabao aveva annunciato la necessità di riforme politiche.

Infatti, tra pochi giorni Hong Kong sperimenterà una qualche forma di elezione democratica, e siccome quella città per decenni ha rappresentato il modello delle riforme economiche per Pechino, non è improbabile che sarà anche il suo modello di riforme politiche. La vicenda di Bo Xilai getta luce sulle nuove dinamiche interne del Partito comunista cinese (Pcc), che in un certo modo segnano un allontanamento dalle lotte politiche del passato.

La stessa ascesa di Bo è stata una deviazione dal normale percorso di ascesa comunista. Quando arrivò a Chongqing cinque anni fa, sembrava fosse all'apice. Persino la sua promozione da ministro del Commercio a capo di Chongqing era stata difficile, e ogni passo ulteriore, per finire con la sua ambizione di entrare nei vertici del partito, il Comitato permanente del Politburo - i nove politici più potenti di Cina - sembrava impossibile. Bo ha cambiato la situazione, lanciando la prima campagna politica nella storia della Cina continentale post-rivoluzionaria.

Ha attaccato le bande mafiose che dominavano la vita della metropoli e predicato il ritorno ai principî "di sinistra" e allo spirito egualitario della Rivoluzione Culturale (il movimento lanciato da Mao Zedong tra il 1966 e il 1976), reclutando una serie di intellettuali per farsi consigliare. Le sue iniziative erano pericolose perché comprendevano atti mai precedentemente approvati da Pechino. Aveva però una polizza di sicurezza, in quanto in Cina il gruppo conservatore è la "sinistra", ed è difficile attaccare qualcuno per le sue politiche conservatrici. Oltretutto ha ottenuto il sostegno della gente comune, che, pur non essendo fondamentale, è importante. Inoltre, le campagne anti-mafia e la riduzione delle disparità sociali erano e sono tra i principî sostenuti da Pechino.

Ma Bo ha dato loro nuova rilevanza, combinandoli in una sorta di moderno neo-maoismo, e così facendo ha creato il "modello Chongqing" che a un certo punto sembrava destinato a diffondersi a macchia d'olio in tutto il paese.

Il modello, tuttavia, comprende anche elementi apparentemente bizzarriconsiderando la crescita della Cina negli ultimi 30 anni. Le imprese private a Chongqing non hanno avuto vita facile: Bo preferiva quelle statali e promuoveva la competizione tra loro. Come segno del nuovo clima, la televisione locale era priva di pubblicità.

Ma la crescita del paese negli ultimi tre decenni è stata trainata dalle imprese private. Limitare le loro possibilità nel medio e lungo termine avrebbe soffocato lo sviluppo della Cina, una priorità strategica assoluta per il popolo e per i suoi capi.

Inoltre, limitando lo sviluppo delle aziende private, le opportunità di avanzamento sociale si riducono ad un unico canale: la burocrazia, che domina sia il governo sia le imprese statali. Nel medio e lungo termine questo sarebbe stato catastrofico, perché l'impresa privata è ora anche una forma di promozione sociale. Molte persone valide, lasciate fuori dalla burocrazia, rimarrebbero tagliate fuori, e potrebbero creare problemi.

Nel breve termine, tuttavia, le politiche di Bo avevano conquistato il sostegno popolare. In Cina, la gente comune accetta il ​predominio dello Stato o delle sue società, ma detesta l'arroganza dei nuovi ricchi - quelli che hanno fatto fortuna "in qualche modo". La lotta alla corruzione, alla mafia e ai nuovi ricchi divenne un'interessante piattaforma populista in un paese con crescenti differenze sociali, ma minacciava il fondamento della crescita cinese: uno Stato piccolo che interferisce poco negli affari.

A opporsi a questo modello stava Guangdong, la provincia meridionale che ha incoraggiato l'impresa privata ed è guidata dal predecessore di Bo a Chongqing, Wang Yang. Wang ha appoggiato un modello di crescita più liberale, più pro-mercato, e si è opposto fortemente all'intervento dello Stato.

Dunque la rimozione di Bo dal governo di Chongqing mette in evidenza un aspetto importante della politica economica, perché il suo sostituto è Zhang Dejiang, un vicepresidente del Consiglio che si occupava di politica industriale ed è stato il segretario del partito nel Guangdong priva di Wang.

In altre parole, Pechino sta affermando che la lotta contro la mafia e gli sforzi per ridurre le differenze sociali non possono minare il mercato e le riforme che lo sostengono. Al contrario, la dirigenza ritiene che queste riforme dovrebbero essere appoggiate. Questo è il motivo per cui Bo doveva essere eliminato: come figura politica - insieme con il modello di Chongqing - era diventato una minaccia.

Tuttavia, questa decisione mette la Cina di fronte a un enigma. Bo era popolare, e le riforme politiche pro-mercato sono in un certo senso dettate contro il sentimento popolare. Cioè, il sistema economico-politico liberale tanto amato dall'Occidente è promosso dalla Cina in qualche misura contro la volontà del popolo. In effetti, se ci fossero state elezioni libere a Chongqing e Bo avesse potuto fare liberamente campagna elettorale, probabilmente avrebbe vinto.

Pechino affronta il problema della demagogia nella democrazia, che conduce al ben noto compromesso nei sistemi occidentali tra i guadagni a breve termine (in questo caso, un sistema più equo) e quelli a lungo termine (in questo caso, il rapido sviluppo del paese). In Occidente questo trade-off, quando non trova un adeguato equilibrio, può bloccare il processo decisionale o alimentare politiche regressive. Nel caso cinese, le riforme politiche possono andare - a breve termine - contro la volontà della maggioranza, come a Chongqing, dove già ci si rammarica della partenza di Bo, secondo alcuni osservatori locali.

Come nel caso di Giulio Cesare più di 2000 anni fa, il pericolo più grande è una reazione conservatrice. La morte di Cesare ha provocato una nuova guerra civile a Roma e alla fine non ha garantito la sopravvivenza della repubblica, portando invece il nipote di Cesare, Augusto, al potere assoluto. A Roma il trend storico ha portato a una concentrazione di potere dittatoriale, anticipato dalle feroci guerre civili prima dell'ascesa di Augusto. Oggi a Pechino, e nel mondo, la tendenza è quella delle riforme liberali e democratiche. Ma ciò non può proteggere il paese da reazioni violente, soprattutto perché la democrazia e il populismo di sinistra rivolto al passato sono strettamente collegate.

Il prossimo test per la riforma politica della Cina - l'elezione dei vertici dell'esecutivo di Hong Kong nel fine settimana - diventa così un'indicazione cruciale su come la Repubblica Popolare voglia muoversi verso la democrazia. La selezione di tre candidati da parte di Pechino non può essere solo un modo per assicurarsi che il governo della città non diventi il focolaio dell'opposizione, ma è anche un modo per frenare le tendenze populiste, che potrebbero minare l'atmosfera liberale e pluralista. Sembra il colmo dei colmi, a vederla superficialmente: delle riforme liberali potrebbero essere imposte contro la volontà democratica popolare.

Questa potrebbe anche essere la lezione da trarre. Siccome le riforme economiche stanno ampliando le differenze sociali e creando gruppi di interesse con programmi diversi, questi interessi stanno cercando di trovare un'espressione politica. Anche se le situazioni in Chongqing e Hong Kong sono diverse, sono entrambe occasioni per assistere a una sorta di esperimento. Come ha detto Sun Liping, a Chongqing c'erano dei problemi seri, anche se la soluzione proposta era del tutto insoddisfacente.

Questo delicato momento di transizione metterà alla prova la maturità del Pcc.Affinché la vicenda Chongqing porti a una vera riforma, la parte che ha sconfitto la sinistra non dovrebbe gongolare, e la sinistra non dovrebbe contestare la sconfitta. Un sistema liberale funziona solo quando c'è un accordo etico alla base: tutte le parti accettano le regole del gioco.

Nessun sistema politico è totalmente giusto e preciso. Nelle elezioni presidenziali americane del 2000, Al Gore avrebbe potuto insistere nella sua richiesta di riconteggio delle schede elettorali della Florida, ma avrebbe minato il sistema politico degli Usa. Ha accettato e ammesso la sconfitta perché si preoccupava più del suo paese che della sua carriera politica, e perché si era reso conto che aveva troppo da perdere insistendo con le sue richieste.

Allo stesso modo, la Chiesa cattolica distingue tra Francesco d'Assisi e Martin Lutero nei loro approcci all'unità della Chiesa. Entrambi avevano ragione, ammettono ora i teologi cattolici, ma quando fu loro chiesto di sottomettersi a Roma il primo accettò, il secondo si ribellò. Al momento della polemica con il papa, Francesco non volle rompere l'unità della Chiesa e quindi sfumò le proprie posizioni, Lutero non si curò di mantenere l'unità della Chiesa e radicalizzò ulteriormente le sue idee.

Erano momenti storici diversi, e i due avevano forze sociali e politiche diverse alle loro spalle. Ma il primo, argomentano i teologi cattolici, ha apportato un grande rinnovamento alla Chiesa e alla società occidentale, mentre il secondo ha diviso la cristianità occidentale per sempre. L'interesse e l'importanza di tenere insieme un sistema possono essere più importanti dell'affermazione delle proprie ragioni.

D'altra parte, come ha sottolineato Sun Liping, il vincitore deve riconoscere i veri problemi posti all'ordine del giorno dagli sconfitti. Ora, la rottura dell'unità è il più grande pericolo per il Pcc, e per la stabilità del suo amato paese. Ciò è particolarmente vero se, come ha annunciato Wen, la Cina si sta imbarcando in un viaggio difficile, nelle acque inesplorate delle riforme politiche.

Il problema è capire se esista uno spirito unitario nella politica cinese.

"Alla domanda su quale degli altri due candidati [per la carica di capo dell'esecutivo di Hong Kong] avrebbe scelto se fosse stato costretto a votarne uno, il signor [Albert] Ho si è fermato. 'Entrambi sono inaccettabili', ha detto. 'Scegliere [tra loro] sarebbe come avere una pistola puntata alla testa. Io direi 'spara'".

Albert Ho, presidente del Partito democratico di Hong Kong, sa perfettamente di non avere alcuna possibilità di vittoria alle elezioni di domenica prossima. Allora cosa sta suggerendo, che la gente di Hong Kong dovrebbe uccidersi, o che lui stesso si suiciderà dopo il voto? In entrambi i casi la scelta è contraria all'essenza stessa della democrazia liberale, che spesso seleziona non la soluzione migliore ma la meno negativa, e accetta una sconfitta pur di mantenere l'unità del sistema.

La transizione politica ed economica della Cina sembra troppo indisciplinata; sta avvenendo in un paese troppo grande e allo stesso tempo troppo vecchio (separato dall'Occidente per migliaia di anni) e troppo nuovo (il vero rinnovamento del paese è iniziato solamente trent'anni fa) perché la democrazia produca risultati affidabili. Essa potrebbe degenerare in demagogia, come è accaduto molte volte nella storia. Allora il partito al governo deve agire come il leader in una repubblica, in assenza di democrazia popolare, e guidare il paese verso la democrazia promuovendo una società liberale.

Il compito è enorme e molto delicato. Molte cose possono andare storte. Le scelte degli uomini e delle politiche che verranno effettuate in occasione del prossimo congresso del partito in autunno mostreranno alla Cina e al mondo se questa leadership è all'altezza della missione.

China's Ides of March(Copyright 2012 Francesco Sisci - traduzione dall'inglese di Niccolò Locatelli)

(23/03/2012)

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