giovedì 16 dicembre 2010

Europa e guerriglia: una generazione che brucia

L'articolo seguente, tratto da www.tio.ch, rispecchia un po' il mio pensiero di questi ultimi giorni, io pensavo alla frattura generazionale della classe dirigente nei confronti del cittadino, ma anche dei "giovani" se fino a 40 anni ci si può dire ancora giovani allora prenderei anche qualche anno in più e mi metto dentro anch'io. Il cittadino crede sempre meno ai politici e alla cosiddetta autorità, ma non è solo quello, la classe dirigente, ma anche chi ha denaro, e ha una certa età, non vuole mollare l'osso, tende a guadagnare sempre più, mentre il comune cittadino tende ad essere sempre più povero, io non lo trovo molto giusto, poi qualcuno mi dirà che guadagnano tanto perché fanno tanto, perché hanno tanta responsabilità, ma se dopo i soldi che il popolo gli dà (in tasse, per cui in teoria da riutilizzare per la comunità) li usano per andare a puttane e fare festini alla faccia nostra, non so se sia giusto.... ma tra cose giuste o meno, c'è appunto il fatto che chi è ricco lo diventa sempre più e a scapito di cittadini che hanno uno stipendio che è sempre più risicato, e poi si stupiscono che avvengono delle "sommosse", ma forse sono anche troppo poche, questi stanno giocando con i nostri soldi e con la nostra vita, e noi non possiamo farci nulla... ben sapendo che con l'unico strumento datoci, le elezioni, le urne, non si combina nulla.... ma se vogliono le urne le possiamo usare per i loro ossi. Non sarebbero i primi amministratori statali che vengono impiccati, o ghigliottinati o fucilati. Il popolo ragiona in modo diverso da loro, auto distrutte, vetrine infrante, non sono cose belle da vedersi, però rappresentano la voce del popolo, il popolo ruggisce quando si muove, e diventa cattivo, perché perde l'individualità della persona, e reagisce come un corpo unico che si butta a capofitto sulla causa del suo male, il capro espiatorio, la vittima predestinata... alla folla piace il sangue e fa sacrifici umani, individui che presi ad uno ad uno non torcerebbero un capello ad una mosca, presi nell'insieme della folla montata dalle pretese di giustizia, diventano un unico corpo che non si sa dove possa arrivare.

Sergio


LUGANO - Martedì a Roma è scoppiata la guerriglia urbana. E' un fatto. La polemica ora si sposta su degli eventuali infiltrati che avrebbero messo a rischio i manifestanti come anche le forze dell'ordine. Black block, studenti in piazza contro il governo, tafferugli e scontri. Uno scenario già visto, uno scenario europeo. L'Europa soffre e il popolo insorge. Anche questo è un fatto.
E' il caso della Grecia e dei disordini durante i cortei per di migliaia di lavoratori e studenti greci scesi in piazza ad Atene per lo sciopero generale contro le misure di austerity decise dal governo per contrastare la crisi economica. E' il caso di Londra, e dell'assedio al Parlamento per protestare contro l'aumento delle tasse universitarie, che triplicheranno. E sui tagli all'università e gli aumenti delle rette si teme di nuovo la guerriglia al momento del passaggio della riforma Gelmini. È il caso dei parigini che in ottobre manifestarono per contrastare la riforma delle pensioni. E sempre da radici economiche, anche se meno evidenti, prendeva vita e degenerava in scontri tra polizia e manifestanti la protesta in Germania contro il convoglio di scorie radioattive e l'impopolare politica nucleare del governo Merkel.
E mentre i media si concentrano sul particolare, sui singoli episodi non ci si accorge del generale, del divario, quello tra un mondo politico fatto di interessi economici, nuovi divi, starlette e scandali, e un popolo, i cittadini Europei, ma non solo, che - come ci conferma il Professore di Storia Contemporanea all'Università dell'Insubria di Varese Antonio Orecchia - non vede più nella propria classe dirigente un punto di riferimento.
"I manifestanti, orientativamente dai 20 ai 40anni, sono i figli di quella generazione, nata dopo il 1973, dopo l'età dell'oro, che vede cambiare l'Occidente, il mondo, che scivola nell'instabilità e nella crisi. Questa è la generazione di coloro che, per la prima volta nella storia del '900, ma anche della storia contemporanea, si rende conto che non riuscirà a mantenere i livelli di benessere dei propri genitori. La paura, o certezza, è, per questa generazione, che non riuscirà a crescere, ad assicurare, in prospettiva, alle generazioni che vengono, lo stesso livello di benessere che a loro i genitori avevano garantito".
Eruzioni di violenza che trovano il loro incipit con la battaglia di Seattle del 1999, quanto al WTO circa 50mila persone negli Stati Uniti protestarono contro la terza conferenza dell’Organizzazione mondiale per il commercio: "Allora si può dire che sia "nato" il variegato mondo antagonista dei no-global. Quello di una generazione che ha una profonda disistima nei confronti della propria classe dirigente, che non si sente ascoltata e che interpreta quello che sta facendo la propria classe dirigente in modo negativo. Una generazione che ritiene che le soluzioni di tutta la classe dirigente, siano piuttosto volte a salvaguardare il proprio status e non si preoccupino invece dei problemi dei cittadini".
Una classe dirigente dunque che non viene ritenuta più in grado di dirigere la società: "Questo è un popolo - conclude Orecchia - che ha bisogno di Welfare, che vede diminuire i fondi per lo Stato Sociale a favore di altri investimenti, ma che poi non li vede utilizzati per questo. Un popolo che vede diminuire il proprio livello di benessere e rimanere stabile se non aumentare quello della classe dirigente. Tutto questo, è chiaro, porta alla protesta".
Viene da chiedersi se non sia a repentaglio la salute di quel concetto di Europa come realtà unitaria che in questo caso si rivela in tutta la sua natura ctonia, in tutta la sua disarmonia, nelle incomprensioni non solo fra i diversi Stati, ma anche all'interno degli Stati. La "Terra del buio" (Il nome Europa deriverebbe appunto dall'assiro Ereb, che significa appunto terra del buio), si allontana ancora una volta da quella rinascita sempre più mitologica. Sempre meno reale.

Davide Milo

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