giovedì 31 luglio 2008

solo una luce

Solo il silenzio nel vuoto assoluto, il buio era completo. Eppure era quello il luogo, lì dove fuoriusciva la fonte, quel particolare angolo spazio temporale contemplava solo gesti immaginari, si poteva avere tutto, o nulla. Solo il pensiero era reale e il fatto di trovarsi lì dava a tutto un diverso senso della vita. Non c'era motivo d'aver paura, era solo estasi per la mente.
Sentire la rugiada sul mio corpo mi diede una nuova sensazione, ritornai in me come da un lungo viaggio. Era stato un lungo viaggio, oppure no, non importava, ora ero lì disteso, che guardavo le stelle, da quell'angolo particolare che poteva significare anche una vita nuova, perché no, una nuova luce, non una stella cadente.
Quella stella la conoscevo, infatti non era una stella, era qualcosa di più vicino, era ciò che stavo aspettando da tanto tempo. Questa notte l'attesa sarebbe finita.
Stava scendendo piano, era la prima vola che rientrava e stava sfruttando la corrente discensionale giusta come gli avevo consigliato mentre era ancora in altro, era la velocità la cosa più importante, non doveva strafare, ne in più ne in meno, entro poco sarebbe arrivato a terra, la sua prima volta.

Una luce, un suono, una voce che intonava un lontano ritornello, aprendo gli occhi mi ritrovai in un altro posto, stavo solo sognando, era ora di alzarsi, non riuscivo a muovermi, sì, ora ricordavo ero immobilizzato a letto, un incidente, le gambe erano ingessate, non mi potevo alzare, era meglio se restavo nel mio inconscio, sveglio era molto sgradevole, non potersi alzare, doversi accontentare di star lì fermi, quanti giorni, non lo sapevo dovevo fare un po' di conti, tanto ancora credo, così appena sveglio non era semplice, magari un'astronave fosse passata a prendermi, perdermi nell'universo sarebbe stata la cosa più bella.
Invece lì fermo ad aspettare il passare del tempo, arrivò un infermiere che mi alzò un po' il letto dalla parte della testa, una puntura, il termometro, “come va oggi” la mia risposta, non so neppure cosa risposi, sparito dalla visuale, attorno altri letti con altri ingessati, tre. Che ore erano, presto, molto presto, mi si prospettava una lunga giornata di dormiveglia, noia mortale, depressione mortale.
Dalla finestra arrivava la luce malaticcia del sole invernale, sicuramente fuori era freddo, le tapparelle quasi completamente ribassate lasciavano la stanza in penombra, si vedevano solo fosche ombre passare davanti la porta della stanza, senza mai fermarsi, voci nel corridoio, infermiere che ridevano per chissà quale battuta, lamenti. E lamenti c'erano anche nella mia mente, il bisogno di alzarsi e scappare, la voglia di gridare al mondo che non volevo essere lì. Da quanto tempo ero lì, già qualche giorno sicuramente.

Sergio

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